MARCO MASINI E LE INFINITE ABILITÀ MOTORIE DI UNO SCIATORE

Siamo arrivati al dodicesimo appuntamento de #ildrusciesiracconta, la serie di interviste dedicate ai tecnici della nostra società. Protagonista è il responsabile della preparazione pre sciistica, Marco Masini, laureato in fisioterapia e allenatore di sci di terzo livello. Con lui affrontiamo il tema delle abilità atletiche di cui deve essere in possesso uno sciatore.

Marco, quai abilità servono maggiormente?
«Le abilità necessarie ad uno sciatore sono molte e complesse. Una è la capacità di scivolamento: è bene infatti non dimenticare mai, in sede di preparazione atletica, che lo sci alpino appartiene infatti agli sport di scivolamento. C’è poi l’abilità di rapido adattamento a innumerevoli variabili come archi di curva, pendenze e velocità, variabili alle quali bisogna adattare i programmi motori e spesso cambiarli in millesimi di secondo. C’è poi l’abilità acrobatica, l’abilità nell’indirizzare col piede la traiettoria di curva, abilità che si può allenare molto bene in estate con i roller blade. Da non dimenticare l’abilità nella gestione del dislivello: anche in questo caso può sembrare banale sottolineare – ma non lo è – che lo sci si esegue su pendi,per cui appare inutile soffermarsi ad esercizi su playground  “piatto” come giustamente invece fanno calciatori, tennisti, sprinter e altri».

Come sviluppi queste abilità nei ragazzi che segui?
«L’attività che propongo agli atleti dello sci club è molto varia: attività di scarico, defaticamento, stretching, giochi e circuit training a bassa intensità nel periodo invernale. Preparazione delle abilità motorie nel periodo estivo e autunnale. Per quanto riguarda l’estate, abbiamo organizzato un programma assai vario, che comprende, oltre alla normale attività, parkour, slackline, roller blade, slideboard, percorsi di destrezza in discesa da farsi di corsa, sup (una variante del surf in cui si sta in piedi su una tavola sull’acqua ndr), attività acrobatica ai tappeti elastici, tennis per riprodurre l’attitudine mentale dello sciatore ad adattarsi alle variabili».

Allenamenti impegnativi ma anche divertenti, par di capire.
«Credo sia importante variare e anche divertirsi, al fine di una maggiore efficacia dell’allenamento. Ultimamente, ritenendo appunto fondamentale introdurre nuovi e divertenti allenamenti, lo sci club ha acquistato i set di luci led con sistema wireless che creano modelli di movimento stimolando la reazione e percezione dell’atleta con stimoli visivi. Grande importanza abbiamo dato allo sviluppo delle capacità coordinative – anticipazione motoria, fantasia motoria, equilibrio, differenziazione dinamica, capacità di ritmo e di variazione di ritmo, ecc. – presupposto per lo sviluppo delle successive abilità. È a ricordare che la fase sensibile per lo sviluppo di tali capacità è tra gli  8 e i 12 anni. Si tratta, potremmo dire così, di alfabetizzare i bambini in motoria, con infinite esercitazioni. Non dimentichiamo che i bambini hanno una grandissima capacità di memorizzare e apprendere. Bisogna però stimolarli».

STEFANO SAVINI E L’ALLEANZA GENITORI – ALLENATORI

L’undicesimo appuntamento di #ildrusciesiracconta è dedicato alla famiglia e, nello specifico, a che cosa può fare la famiglia per sostenere un figlio che fa sport. Ne abbiamo parlato con Stefano Savini, allenatore di secondo livello, che nel Druscié allena la categoria Ragazzi.

Stefano, si parla spesso del rapporto tra sport, giovani atleti e famiglie. Dalla tua esperienza, cosa emerge?

«Partiamo dal presupposto che il supporto della famiglia è molto importante per un figlio che pratica un’attività sportiva: deve svolgere il ruolo di sostegno e guida, lo stesso allenatore ha bisogno dei genitori per creare quella atmosfera di supporto che aiuti il figlio nella pratica sportiva».

Non c’è un rischio di “intereferenze”?

«La sfida vera non è vietare il coinvolgimento della famiglia nell’attività del figlio ma bensì trovare il giusto equilibrio e coinvolgimento educativo della famiglia al fine di garantire un ambiente in grado di migliorare l’ esperienza sportiva del ragazzo. Molto spesso i genitori vogliono e pretendono i risultati immediati. Io credo invece che la famiglia deve essere brava a intuire che l’atleta/figlio deve acquisire competenze, deve prendere atto dei naturali cambiamenti fisici del ragazzo e non dovrebbe commentare il lavoro del tecnico. Un genitore che aiuta ha pazienza. Se ha qualche dubbio, ne deve parlare con l’allenatore per capire come, nella figura di genitore, può aiutare il proprio figlio».

Allenatore-genitore, dunque, devono essere alleati.

«Sì, devono viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda. Così come deve fare l’allenatore, anche il genitore deve essere bravo innanzitutto nell’aiutare il figlio a sviluppare la propria autonomia, invitandolo ad assumersi le proprie responsabilità rispetto all’attività sportiva. Mi riferisco, ad esempio, al rispetto degli orari o alla cura dei materiali. Deve essere bravo anche nel favorire la crescita del senso critico, evitando, nel ragazzo, atteggiamenti vittimistici che sono inutili e sono, di fatto, una fuga dalle proprie responsabilità. Credo anche che, come un allenatore, anche un genitore debba saper ascoltare e offrire la propria opinione, debba far notare eventuali disattenzioni ma anche sostenere il giovane atleta in caso di cedimenti emotivi. L’ aiuto del genitore va dato una volta che il ragazzo si è impegnato autonomamente a risolvere il problema evitando così atteggiamenti protettivi che andrebbero a danneggiare il figlio.
Altro aspetto importante per la famiglia è riuscire a vivere con serenità un eventuale  sconfitta del proprio figlio. Il genitore non deve cadere nell’errore di parlare dell’accaduto  subito dopo la competizione e continuare a casa a rimuginare sull’ errore del figlio, bensì a mente fredda, se il figlio vuole, analizzare la sconfitta. Sconfitta che non deve essere mai intesa come un fallimento ma bensì come un momento di crescita su eventuali errori per trarne degli insegnanti. La ricetta giusta per essere un genitore impeccabile non c’è. Così come non c’è la ricetta giusta per essere un allenatore impeccabile. Una cosa però è fondamentale: la capacità di ascolto e la capacità di leggere i segnali».

SIMONE VIOTTO E I CONSIGLI DI LETTURA. PER ALLENARE LA MENTE

Siamo arrivati al decimo appuntamento di #ildrusciesiracconta, la rubrica per conoscere un po’ più da vicino il nostro club, i suoi tecnici e le modalità di lavoro. Protagonista di questa intervista è Simone Viotto,  allenatore di II livello e tecnico della categoria Allievi. Con lui riflettiamo sull’importanza delle mente nella prestazione sportiva.

Allenare anche l’aspetto psicologico è fondamentale nello sport. Come lo curi nella tua attività con i giovani atleti del Druscié?

«Sì, è sicuramente importante lavorare sulla mente, anche con i giovanissimi. Con loro, però, è importante lavorare a livello inconscio, giocando, usando un linguaggio positivo e facendogli fare un percorso al termine del quale trovano la soluzione. Stare lì a fare tropi ragionamenti non serve: perché farebbero fatica a capire tutto e perché si annoierebbero».

Un lavoro più mirato si può fare con i più grandicelli però.

«Con loro, e sto pensando alle categorie Ragazzi e Allievi e più su, naturalmente, alla categoria Giovani, si può lavorare sulla consapevolezza, insegnando loro a pensare sempre positivo e a concentrarsi esclusivamente su se stessi. Come quando, ad esempio, si è al cancelletto: se ho un pensiero negativo – che si comporta come un sabotatore esterno, questo pensiero influirà non solo sulla mia determinazione ma anche sul gesto tecnico. Una cosa da non fare, altro esempio, è quello che ogni tanto capita a qualche giovane atleta: essere a due pettorali dalla propria partenza e continuare a chiedere i risultati degli atleti appena scesi. Ovvio che non si farà una bella gara».

Sappiamo che hai dato dei consigli di lettura in questo periodo.

«Sì, ci sono dei libri molto interessanti in questo ambito. Ne ho consigliari tre ai ragazzi. Uno è “Niente teste di cazzo”, il libro con il quale James Kerr racconta degli All Blacks, la formidabile nazionale neozelandese di rugby, della loro attenzione maniacale all’eccellenza, del loro impegno collettivo verso una “causa comune”. E poi della responsabilità individuale nell’economia di una squadra. Altro consiglio di lettura è stato “Perseverare è umano”, il libro dello psicologo dello sport Pietro Trabucchi, testo che offre tantissimi spunti e che “insegna” come mantenere con costanza la propria motivazione. Terzo e ultimo libro, “Vincere con la mente”, testo con il quale un altro psicologo dello sport, Giuseppe Vercelli, ci introduce nella mente del campione e ci mostra i meccanismi mentali, le relazioni con gli altri e l’atteggiamento nei confronti della realtà che favoriscono la vittoria, nello sport ma non solo».

L’IMPORTANZA DEI MATERIALI. IL PUNTO DI DAVIDE VIEL

Per il nono appuntamento di #ildrusciesiracconta, la parola a Davide Viel. Con l’allenatore del gruppo Giovani femminile del nostro sci club, facciamo il punto sull’importanza dei materiali.

«Nello sci alpino, come in molte altre discipline sportive, i materiali sono fondamentali per ottenere un risultato importante e quello che cerchiamo di trasmettere ai ragazzi è proprio questo, che un dettaglio tecnico sull’attrezzo, sci o scarpone che sia, può fare la differenza» esordisce Davide, allenatore di secondo livello e in maglia Druscié dalla stagione 2019-2020. «Si tratta di un concetto che magari spesso si dà per scontato ma che poi, nella realtà quotidiana, non sempre trova applicazione pratica. Ed è qui che non tecnici lavoriamo, fin dalle categorie minori».

Per i più piccoli, però, i materiali hanno importanza relativa.

«Senza dubbio sì. La gestione dei materiali dei nostri atleti ha uno sviluppo e un’importanza direttamente proporzionale con l’avanzare delle categorie. Nelle categorie Baby-Cuccioli, la gestione dei materiali ha ovviamente un’importanza relativa, essendo gli atleti ancora molto acerbi dal punto di vista tecnico-tattico. La preparazione dello sci è già importante ma non fondamentale. Proprio in queste categorie, però, bisogna insegnare alle giovani leve la cura dei materiali: trattare a modo gli sci, imparare a mettere sempre le fascette per chiuderli bene, asciugarli quando si arriva a casa dopo ogni allenamento».

Le cose cambiano con i più grandicelli.

«Nelle categorie Ragazzi-Allievi la gestione dei materiali assume un’importanza notevole anche ai fini del risultato, visto e considerato che gli atleti sono ad un livello tecnico-tattico più alto ed atleticamente più preparati e chiamati ad affrontare le prime gare di velocità, il superG. La preparazione dello sci è più accurata rispetto alle categorie precedenti, lamine e sciolina diventano molto importanti. Nella categoria Allievi è corretto che gli atleti inizino a prepararsi gli sci da soli, avendone ancora più cura. Oltre alla preparazione degli sci, in questa categoria si comincia a portare attenzione al set-up dello scarpone, personalizzandolo ad hoc per ogni atleta».

Nella categoria Giovani, un dettaglio può fare la differenza.

«Spesso e volentieri in questa categoria le gare si vincono o si perdono per una manciata di centesimi, quindi la ricerca della perfezione sui materiali è fondamentale. La preparazione dello sci assume un ruolo fondamentale considerando che la posta in palio è molto alta, gli atleti sono più evoluti sotto tutti i punti di vista, il livello è molto alto e le gare di velocità aumentano con l’inserimento della discesa. In questa categoria lo sci viene preparato con molta più cura: dalla soletta alle lamine ai fianchi, l’uso delle scioline è ancora più frequente e differenziato in base a temperatura e diversità della neve. Dovrebbe essere buona regola che un atleta della categoria giovani sappia prepararsi da solo i materiali, magari sempre con la supervisione dell’allenatore. Solitamente gli atleti polivalenti usano uno scarpone per le discipline tecniche ed uno per le discipline veloci differenziando i set-up per ottimizzare la performance in ogni specialità. Durante la stagione solitamente vengono eseguiti diversi test per determinare quale siano gli sci più veloci e per avere un quadro più preciso dei materiali».

ALZARSI PRESTO AL MATTINO PER ANDARE A SCIARE È BELLISSIMO. PAROLA DI CLELIA CECCATO

Protagonista dell’ottavo appuntamento di #ildrusciesiracconta è Clelia Ceccato. Grandissima protagonista dello sci giovanile italiano, Clelia è arrivata da indossare la tuta azzurra della nazionale C anche se la sua carriera si è purtroppo conclusa presto a causa di una serie di infortuni. Maestra e allenatrice di secondo livello, la ragazza trevigiana a inizio aprile si è laureata in Scienze Motorie all’Università di Verona.


Un bagaglio tecnico e culturale importante, il tuo, messo a disposizione dei più piccoli, i mini sciatori della categoria Baby.

«Cerco di trasmettere ai bambini sia quello che ho imparato sui libri sia quello che ho imparato in tanti anni sulla neve. Un’esperienza, quello dello sci, che mi ha dato tanto a livello lavorativo ma anche umano».


La tesi che hai discusso ha come focus l’aspetto mentale nella pratica motoria e nell’attività sportiva.

«Sì, quello mentale è un ambito che comincia ad essere importante, o che comunque va curato,  direi dalla categoria Ragazzi in su. Ma anche nei più piccoli, Baby e Cuccioli, cerchiamo di curare non solamente il gesto tecnico specifico ma puntiamo a sviluppare la consapevolezza di quello che fanno sulla neve: ad esempio facendo la ricognizione insieme a loro, chiedendo loro come hanno trovato le condizioni della neve oppure facendoli riflettere su come risolvere una situazione difficile».


Il tutto, immaginiamo, sotto forma di gioco.

«Sì, un gioco perché se i bambini si divertono imparano prima. E’ un gioco finalizzato all’apprendimento, naturalmente. Apprendimento, in primis, delle basi motorie che poi serviranno loro per affinare la tecnica più avanti. Ma anche apprendimento del fatto che anche nello sci, che è sport individuale, a fare la differenza è il gruppo e che nella squadra ognuno a un ruolo importante, da quello già bravo a quello che deve ancora sviluppare le proprie abilità».

Se dovessi riassumere in un aggettivo il tuo lavoro di allenatrice?

«Un aggettivo … non saprei. Dico che sto facendo quello che mi piace. Lavorare con i bambini mi piace molto e mi viene naturale. E devo dire che in tante occasioni mi diverto più io di loro. Faccio del mio meglio per trasmettere loro la passione per la  neve e la montagna, per trasmettere loro il piacere di alzarsi presto al mattino per andare a sciare».

MICHELE CANEI, IL “NONNO” DEL DRUSCIÉ

Per il settimo appuntamento di #ildrusciesiracconta, spazio a Michele Canei, classe 1980, allenatore di secondo livello, uno dei pilastri della società. 

Michele, lavorativamente parlando, sei il più vecchio tra i tecnici della nostra società.

«Sì, ho iniziato 15 anni fa, quando il club era davvero piccolo piccolo. Non avevamo neanche una sede e le riunioni le facevamo a casa mia o di Flavio. O al bar. Avevamo solamente le categorie Baby e Cuccioli ed eravamo tre-quattro allenatori».   

Ora i numeri sono decisamente diversi.

«Indubbiamente. I tesserati al club sono oltre 400 e  ragazzi che sciano con noi, di tutte le categorie, sono oltre cento. Nel tempo, abbiamo saputo crescere  molto e questa crescita è motivo di soddisfazione, la sento anche un po’ mia. È stata ed è un’esperienza che mi ha arricchito molto. Allenare al Druscié è per me più di un lavoro. Diciamo che mi sento a casa. Con Flavio ci sentiamo e ci confrontiamo ogni giorno». 

Hai sempre allenato le categorie Baby e Cuccioli, perché?

«In parte per un’esigenza pratica, e cioè conciliare questa mia attività con il lavoro che svolgo nell’azienda di famiglia. E poi perché mi piace lavorare con i piccoli. Insieme agli altri allenatori cerco di insegnare loro la tecnica e l’agonismo ma anche l’educazione sportiva e il rispetto delle regole. A questa età è importante fare venire ai bambini e ai ragazzi la voglia di sciare, fare un passo alla volta. Per i risultati c’è tempo più avanti. Fondamentale, per queste categorie, è anche dedicare del tempo ai genitori: spiegare programmi e obiettivi, renderli insomma partecipi di un percorso che è sportivo ma anche educativo».  


In questi quindici anni come hai visto cambiare il mestiere di allenatore?

«I club sono cresciuti e la concorrenza è maggiore, di conseguenza si è alzato il livello».  

CINZIA KRATTER, UNA MAMMA A CAPO DELLO JUNIOR TEAM

Per il sesto appuntamento di #ildrusciesiracconta, la parola a Cinzia Kratter, responsabile dello Junior Freeski team, progetto, rinnovato fino al 2023 nei giorni scorsi, che vede insieme Sci club Druscié e Scuola Sci Cortina.

Cinzia, dopo una carriera giovanile di prim’ordine, che ti ha vista conquistare anche un titolo italiano Aspiranti in discesa, hai iniziato una brillante carriera di allenatrice e ora sei un punto fermo nella struttura tecnica del Drusciè.

«Sono una mamma che allena qui, per hobby, dalla stagione 2010-2011. Dico “per hobby” perché ritengo che avere il lavoro più bello del mondo e poterlo fare in questi splendidi luoghi è una gran fortuna»!

Come hai cominciato?

«Ho iniziato ad allenare al mio paese, Sappada, ormai vent’anni fa. Uno dei miei primi atleti in assoluto è stato Emanuele Buzzi. A proposito di “Lele”, ricordo un aneddoto simpatico:il suo “riscaldamento” preferito prima della gara era smontare gli attacchi dei miei sci, così che alla fine di ogni gara perdevo venti minuti per assemblare tutto e poter scendere al traguardo dai ragazzi! Probabilmente mi divertivo più io di lui in questi momenti: lo spirito giocoso e scherzoso, insieme ad una grande professionalità che ha sempre avuto fin da ragazzino, lo ha portato fino in Coppa del mondo e sono sicura che nelle prossime stagioni arriverà anche al vertice delle classifiche delle discipline veloci! Quelli a Sappada, con un gruppo composto da venticinque bimbi tra i cinque e i sette anni, sono stati anni bellissimi perché prima del risultato sportivo veniva lo spirito di gruppo, di aggregazione e la cosa importante era la merenda alla fine della gara piuttosto che la gara stessa».

Una visione che hai portato anche qui.

«Sì, questo modo di intendere lo sci, come divertimento prima di tutto, ma unito a professionalità, impegno, tecnica e molti altri fattori, è ora alla base del progetto Junior team. Tutto è nato nel 2014 da un’idea lungimirante del nostro presidente Flavio Alberti. Non ti nego che all’inizio ero titubante perché mi sembrava che questo progetto togliesse qualcosa al nostro sci club. Fino a quel momento avevo gestito quasi da sola la categoria super baby, e l’idea di dover “formare”dei nuovi allenatori di una realtà come la scuola sci, mi spaventava. Per fortuna ho avuto dei colleghi favolosi, professionali con i quali c’è subito stata una grande sintonia! All’inizio eravamo in 3 – io, Manuel Speranza e Matteo Gobbo, con una ventina di mini atleti».

Numeri raddoppiati l’anno successivo.

«Sì, cinque allenatori e una quarantina di bambini».


E ora?

«Ora tra lo Junior team (bambini più piccoli dai 5 agli 8 anni ndr) e il Free ski (ragazzi dai 9 fino ai 16 anni ndr) siamo una ventina di allenatore e oltre 150 atleti. E i numeri sono in continua crescita».

Com’è strutturata l’attività dello Junior team?

«Abbiamo una cinquantina di mini sciatori e siamo in 6-7 maestri. I bimbi rimangono con noi tre stagioni, al termine delle quali decidono se passare alla parte agonistica dello sci club, oppure rimanere con noi, passando al gruppo Free ski. In questi tre anni cerchiamo di far fare ai bimbi più cose possibili: non tralasciando la tecnica, che è un aspetto fondamentale, cerchiamo di far nascere in loro la passione e l’amore per lo sci, facendoli divertire, alternando sciata, esercizi in pista, molti boschetti e anche molte giornate con impostazione sui paletti. Con i più grandicelli, con il supporto dei maestri di sci/guide alpine, facciamo anche delle lezioni di introduzione al free ride…
I bimbi di 8 anni invece, durate l’ultima stagione che passano con noi, fanno anche allenamenti congiunti con lo sci club già dal mese di febbraio, con nostri allenatori, e da aprile in poi invece direttamente con gli allenatori dello sci club! Questa è una grande opportunità perché nell’ultimo mese i bimbi e le loro famiglie si possono già fare un’idea su come si svolge l’attività nel club».

L’accordo tra Druscié e Scuola Sci Cortina è stato rinnovato nelle settimane scorse fino al 2023. Un bel segnale.

«Sì, davvero un fatto positivo. Del resto, con il direttore, il presidente della scuola e tutto il consiglio c’è un ottimo rapporto. C’è grande disponibilità e supporto per qualsiasi manifestazione decidiamo di organizzare. Da parte mia dico un grande “grazie” a Flavio che dieci anni fa ha creduto in me, dando vita a un progetto che è stato copiato e preso come modello in molte altre stazioni sciistiche italiane».

Qual è il vostro punto di forza?

«Credo siamo noi allenatori: siamo molto affiatati, si ride e si scherza molto. E se sorge qualche problema, se ne discute subito».

E il rapporto con i genitori com’è?

«La maggior parte dei genitori è disponibile, entusiasta di noi e delle attività che proponiamo. Questo è un fattore molto positivo perché se i genitori sono contenti si parte già avvantaggiati. Con qualcuno, ogni tanto capita qualche incomprensione, soprattutto perché alcuni riversano sui figli le proprie velleità sciistiche passate. Ma anche in questo caso, importante è chiarirsi. E così cerchiamo di fare. In generale, credo che i genitori apprezzino molto il lavoro dei nostri maestri. Maestri che, devo riconoscerlo, sono attenti a tutti gli aspetti: dalla puntualità ai seggiolini in auto, dai passaggi in seggiovia alla sicurezza in pista. Io, poi, sono una gran rompiscatole per quanto riguarda puntualità e sicurezza, quindi gli allenatori sono sempre sotto esame»!

OSCAR PACHNER E LA FORZA DEL GRUPPO

Per il quinto appuntamento di #ildrusciesiracconta, la parola a Oscar Pachner, classe 1970, tecnico con un passato di ottimo atleta (ha vestito la tuta delle Fiamme Oro ed ha vinto tre edizioni delle Coppa del mondo Cittadini), entrato nel nostro team la scorsa stagione, come allenatore della categoria Giovani. 

Oscar, in uno sport individuale come lo sci alpino, si può parlare di forza del gruppo? L’energia complessiva di una squadra può contribuire al miglioramento individuale di ogni singolo atleta?


«Sì, sono fermamente convinto che anche in uno sport individuale come lo sci alpino, la forza – definiamola nascosta – che proviene dal gruppo di lavoro, e non importa se questo gruppo è di tre, sette o quindici unità, sia quella marcia in più che può far fare la differenza ad un atleta. Mi piace pensare all’immagine dell’iceberg: quello che si vede è l’atleta che lotta contro il tempo, in un percorso stabilito, con le interpretazioni del tracciato assolutamente personali e il modo di superare le varie difficoltà altrettanto personali, un atleta che vince o che perde. Ma quello che vi è alle spalle, o come piace vedere a me, le componenti di lavoro che stanno sotto, appunto stile iceberg, è un insieme complesso di cose: gli allenamenti, i materiali, il lavoro mentale, l’organizzazione dell’attività. Imprescindibile, in tutto questo, è  la forza del gruppo».   


Che cosa intendi per gruppo?


«La forza del gruppo è in primis il rapporto tra atleti. Ma è anche molto di più. Forza del gruppo significa sintonia tra allenatori di uno specifico gruppo e tra allenatori di tutto lo staff del club. La forza del gruppo è data dalla capacità di un allenatore di trasmettere le conoscenze tecniche ma anche la capacità di instaurare un rapporto proficuo con l’atleta».   


Un bilanciamento, questo, non sempre facile.


«Si tratta di un equilibrio, estremamente difficile da trovare, tra amicizia e professionalità. Passa attraverso la fiducia che si riesce a creare e che aiuta a rendere piacevoli le cose meno belle come i viaggi lunghi, le attese, gli allenamenti con il brutto tempo, i risultati non all’altezza delle aspettative, i complessi di inferiorità, giorni e giorni in cui le cose non vengono, i problemi extra sciistici. Per superare tutte queste difficoltà, dietro, o accanto, a ogni singolo, deve assolutamente esserci dietro una squadra che lo sostiene e lo supporta. Un tecnico, dei compagni – un gruppo insomma – che serve per infondergli fiducia, per offrirgli parole di conforto per sdrammatizzare un risultato non arrivato, per dargli la forza di insistere nel perseguire quanto gli viene richiesto negli allenamenti, per fare da traino uno con l’altro. Quando si inizia a vedere che tra i componenti dello stesso gruppo c’è vero sostegno reciproco, allora siamo a buon punto, e nulla diventa impossibile. Riconoscersi e identificarsi in una squadra è un passo fondamentale verso il successo».

DAVIDE FILIPPI RITORNA ALLO SCI CLUB DRUSCIE’

E’ per noi un onore il reinserimento nella categoria Giovani di Davide Filippi che, a causa di una serie di infortuni, non è ancora riuscito ad esprimere il suo vero talento. Dopo un periodo trascorso nelle Fiamme Oro, ora Davide vuole trovare la serenità per esaltare le sue capacità e affidarsi ad una organizzazione strutturata che possa consentirgli di fare un lavoro meticoloso. Per lo Sci Club Drusciè è una opportunità avere un atleta come Davide che, insieme ad altri atleti Senior di valore, siamo fiduciosi potrà raccogliere risultati importanti oltre che essere per gli atleti più giovani fonti di ispirazione.

BENTORNATO DAVIDE

Responsabilità Sociale SCD

L’insegnamento della pratica sportiva, oltre alla doverosa attenzione allo sviluppo delle capacità coordinative armonicamente con l’evoluzione motoria, ha il compito di trasferire valori fondamentali per maturare in modo sano e nel rispetto del senso civico

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